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Riflessioni sulla prossima invasione
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Riflessioni sulla prossima invasione
In aereo con un ingegnere cinese orgoglioso dei motori BMW made in China. Uno di quelli che prepara la calata in Europa
Qualche giorno fa sono andato a Monaco di Baviera per prendere parte alla conferenza stampa di presentazione della squadra ufficiale BMW che parteciperà al campionato mondiale Superbike 2010.
Sull’aereo per Monaco mi sono trovato seduto accanto ad un distinto signore orientale, che in base alla minima conoscenza che ho delle “differenze” fra asiatici ho identificato come cinese. Infatti era cinese. Un ingegnere della Loncin, un grosso gruppo industriale che possiede alcuni marchi motociclistici da noi pressoché sconosciuti, ma che dal 1992 sul mercato asiatico cresce esponenzialmente alla pari dei suoi maggiori concorrenti interni.
Chi segue il mondiale MotoGP ricorderà che l’anno scorso la Loncin partecipò al campionato della classe 125 con una moto costruita e sviluppata a Bologna dalla Engines Engineering, la stessa moto che quest’anno correrà col marchio Lambretta sul serbatoio.
Perché questo ingegnere cinese era in Italia? E perché dall’Italia si stava trasferendo a Monaco? Nel nostro Paese, mi ha confidato, era già venuto alcune volte per affari legati alla produzione motociclistica; era stato alla Benelli (di proprietà cinese) ed era atteso nello stesso luogo in cui stavo andando io: gli uffici centrali della BMW Motorrad, dove aveva un appuntamento nel pomeriggio.
Da lui ho saputo che costruiscono già motori per la BMW in Cina, inoltre mi ha mostrato un progetto di un veicolo carrozzato a quattro ruote, che lui testardamente chiamava “Four wheel motorcycle” (moto a quattro ruote) chiedendomi un parere.
Mi ha riportato indietro nel tempo. Mentre chiacchieravo amabilmente con l’ingegnere cinese, mi sono ricordato quando – nei primi Anni ’70 – cercavo di intervistare i manager delle industrie giapponesi che stavano ancora organizzando la loro presenza sul mercato europeo. Adesso è il loro turno. Dei cinesi. Stanno per arrivare. Ci metteranno ancora una decina d’anni, ma il lavoro grosso lo stanno facendo già adesso. E sembra che qui non ci creda nessuno.
Nel 1961, quando già la Honda aveva vinto un campionato mondiale di velocità (Tom Phillis, Honda 125) sulle riviste specializzate italiane comparivano un paio di volte all’anno articoli sulle “stranezze” dell’industria nipponica, articoli soprattutto di colore scritti per divertire il pubblico dei motociclisti nostrani. Mostravano motociclette scopiazzate da modelli europei e nessuno era convinto che i giapponesi sarebbero mai riusciti a produrre qualcosa di più serio e di proponibile anche sul nostro Continente.
Sappiamo come è andata a finire nel volgere di dieci anni. Sappiamo anche che, quando tutti i nostri industriali in tutti i settori erano ormai convinti che la concorrenza giapponese li avrebbe distrutti, e invocavano misure protezionistiche, i giapponesi stessi si resero conto che demolendo la nostra economia avrebbero messo in grave crisi anche la loro. E cambiarono politica, aprendo fabbriche in Europa e limitando con idonee misure lo strapotere dello yen.
Succederà lo stesso dopo l’invasione cinese? La situazione è molto diversa perché molto diversi sono i due Paesi. Ho chiesto all’ingegnere della Loncin se ritenga che nel volgere di alcuni anni succederà come in Giappone, dove da una ventina di marchi operanti nei primi Anni ’50, si ridussero ai soli quattro che conosciamo. La sua risposta è stata: “Queste cose le decide il governo”.
Quando mi ha mostrato la sua “Four wheel motorcycle”, gli ho spiegato che da noi non avrebbe che un ridottissimo mercato. L’ingegnere ha però insistito: “E in Francia? E in Spagna?”. Gli servirà tempo per capire che da noi quei “cosi” non li vuole nessuno. Ma quando lo capiranno… Forse sarebbe stato meglio che gli avessi detto: “Stupendo! Centomila all’anno solo in Italia si venderanno di sicuro”… Ma sarebbe stato inutile: sono cinesi, ma mica fessi!
www.motonline.com
Qualche giorno fa sono andato a Monaco di Baviera per prendere parte alla conferenza stampa di presentazione della squadra ufficiale BMW che parteciperà al campionato mondiale Superbike 2010.
Sull’aereo per Monaco mi sono trovato seduto accanto ad un distinto signore orientale, che in base alla minima conoscenza che ho delle “differenze” fra asiatici ho identificato come cinese. Infatti era cinese. Un ingegnere della Loncin, un grosso gruppo industriale che possiede alcuni marchi motociclistici da noi pressoché sconosciuti, ma che dal 1992 sul mercato asiatico cresce esponenzialmente alla pari dei suoi maggiori concorrenti interni.
Chi segue il mondiale MotoGP ricorderà che l’anno scorso la Loncin partecipò al campionato della classe 125 con una moto costruita e sviluppata a Bologna dalla Engines Engineering, la stessa moto che quest’anno correrà col marchio Lambretta sul serbatoio.
Perché questo ingegnere cinese era in Italia? E perché dall’Italia si stava trasferendo a Monaco? Nel nostro Paese, mi ha confidato, era già venuto alcune volte per affari legati alla produzione motociclistica; era stato alla Benelli (di proprietà cinese) ed era atteso nello stesso luogo in cui stavo andando io: gli uffici centrali della BMW Motorrad, dove aveva un appuntamento nel pomeriggio.
Da lui ho saputo che costruiscono già motori per la BMW in Cina, inoltre mi ha mostrato un progetto di un veicolo carrozzato a quattro ruote, che lui testardamente chiamava “Four wheel motorcycle” (moto a quattro ruote) chiedendomi un parere.
Mi ha riportato indietro nel tempo. Mentre chiacchieravo amabilmente con l’ingegnere cinese, mi sono ricordato quando – nei primi Anni ’70 – cercavo di intervistare i manager delle industrie giapponesi che stavano ancora organizzando la loro presenza sul mercato europeo. Adesso è il loro turno. Dei cinesi. Stanno per arrivare. Ci metteranno ancora una decina d’anni, ma il lavoro grosso lo stanno facendo già adesso. E sembra che qui non ci creda nessuno.
Nel 1961, quando già la Honda aveva vinto un campionato mondiale di velocità (Tom Phillis, Honda 125) sulle riviste specializzate italiane comparivano un paio di volte all’anno articoli sulle “stranezze” dell’industria nipponica, articoli soprattutto di colore scritti per divertire il pubblico dei motociclisti nostrani. Mostravano motociclette scopiazzate da modelli europei e nessuno era convinto che i giapponesi sarebbero mai riusciti a produrre qualcosa di più serio e di proponibile anche sul nostro Continente.
Sappiamo come è andata a finire nel volgere di dieci anni. Sappiamo anche che, quando tutti i nostri industriali in tutti i settori erano ormai convinti che la concorrenza giapponese li avrebbe distrutti, e invocavano misure protezionistiche, i giapponesi stessi si resero conto che demolendo la nostra economia avrebbero messo in grave crisi anche la loro. E cambiarono politica, aprendo fabbriche in Europa e limitando con idonee misure lo strapotere dello yen.
Succederà lo stesso dopo l’invasione cinese? La situazione è molto diversa perché molto diversi sono i due Paesi. Ho chiesto all’ingegnere della Loncin se ritenga che nel volgere di alcuni anni succederà come in Giappone, dove da una ventina di marchi operanti nei primi Anni ’50, si ridussero ai soli quattro che conosciamo. La sua risposta è stata: “Queste cose le decide il governo”.
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